La nostra abitudinaria routine ai tempi del coronavirus si interrompe. Ci troviamo a lavorare da casa in Smart Working (oppure no) e a condividere gli spazi 24 ore su 24 con partner e figli a casa da scuola. I troppi giorni a casa, la situazioni di emergenza per l'epidemia, gli spazi e i tempi da condividere e da gestire con la famiglia, il lavoro da casa, ecc., possono aumentare lo stress. E' importante imparare a scegliere le giuste fonti di informazione, ritagliarsi i tempi da condividere in coppia e i tempi con i figli, stabilire orari e attività da svolgere in casa. L'articolo suggerisce inoltre di tenersi in contatto con amici e familiari tramite videochiamate.
Sopravvivere all’ Incertezza
5 Segreti per Sopravvivere all’ Incertezza
Nel suo libro L’ arte dell’ incertezza (The Art of Uncertainty), Dennis Merritt Jones scrive:
“Con l’instabilità economica, il tasso di disoccupazione in costante incremento e le relative conseguenze, l’imperversare di uno stato di incertezza sembra l’ovvio epilogo di una situazione sociale così traballante. In quest’era caratterizzata dall’oscillazione continua, gli individui che si trovano a popolare il tessuto societario vivono come nella condizione dei passerotti appesi al filo del mistero che il cambiamento sottende, perché non hanno scelta: la vertigine del vuoto per volare o per morire”.
Le parole di chi è passato attraverso l’ incertezza
Per coloro che quotidianamente sono costretti a lottare con disturbi psicologici quali la depressione e l’ansia – come per coloro che manifestano una spiccata sensibilità – sopravvivere all’ incertezza potrebbe rivelarsi un ostacolo davvero insormontabile. Dimentica di poter volare. L’ incertezza in se stessa genera la sensazione di morte e può tarpare le ali come ogni tentativo di riuscire ad agire in un periodo di transizione.
Come molte altre persone, io per primo mi sono trovato faccia a faccia con l’ incertezza, ancor più a partire dal dicembre del 2008, quando avvenne il crollo dell’economia e i settori creativi – come quelli inerenti l’architettura e la pubblicità – subirono un notevole stroncamento rendendo davvero impossibile, per un padre di famiglia, riuscire a mantenere i propri standard e portare uno stipendio dignitoso a casa. In questo periodo feci la spola tra 10 lavori diversi, ricoprendo altrettanti ruoli professionali fino a diventare chiunque mi si chiedesse di essere – dall’appaltatore all’”professionista” esperto di disturbi depressivi. Sono giunto perfino a pensare di poter insegnare la morale alle scuole superiori. Fu allora che mi accorsi di quanto era disperata la mia situazione. Stava degenerando.
Non credo di essermi mai sentito realmente a mio agio con l’ incertezza, ma avendo dovuto conviverci per un periodo di almeno cinque anni, allo stato attuale posso affermare con una certa sicurezza di poterne sapere abbastanza da poter offrire qualche consiglio perché non si perdano le speranze nei momenti di estremo cambiamento.
5 consigli per gestire l’incertezza:
1 – Incertezza: attenzione all’intenzione
Non sono un santone della filosofia new-age. E non credo affatto che sia sufficiente il potere della visualizzazione per far sì che, dopo averla immaginata, il giorno successivo ci si ritrovi con una busta paga da 20.000 € nella propria cassetta delle lettere. Non sostengo nemmeno che si possa guardare un programma tv pensando di poter essere l’ospite d’onere nella puntata successiva (ho provato entrambe le alternative). Tuttavia riconosco che sia saggio cercare di sintonizzarsi con le proprie intenzioni in quanto costituiscono delle potenti fonti di energia in grado di fornire la spinta propulsiva e la motivazione all’agire.
Per un po’ ho provato a fare l’esercizio meditativo che porta il nome del suo promotore, il Deepak Choprah che consiste nel registrare le proprie intenzioni per poi verificare quante sarei riuscito a concretizzarne. Rimasi sorpreso dell’estrema sincronia che si stabiliva tra gli eventi e le intenzioni. La psicologa Elisha Goldstein, nel suo libro intitolato L’effetto dell’adesso (The Now Effect) riporta: “Le nostre intenzioni costituiscono le radici che forniscono una motivazione ad ogni nostra azione e giocano un ruolo fondamentale nell’aiutarci a coltivare una vita di felicità o infelicità. Se impostiamo le nostre intenzioni verso il benessere, mettendo lo scopo della gioia al centro della nostra esistenza, di certo noteremo una maggiore spinta affinché quanto agogniamo prenda vita”.
2 – Incertezza: sincronizzati col corpo
La psicologa e ricercatrice Tamar Chansky, Ph.D. sottolinea l’importanza di ascoltare il proprio corpo, specialmente nei momenti critici ad alto voltaggio ansiogeno. Se si riesce a cogliere la ragione profonda dalla quale derivano determinati sintomi che si ripercuotono a livello fisico – tachicardia, brividi, sudore e mal di stomaco – e ripeti a te stesso “è un falso allarme”, conquisterai la consapevolezza utile a far diminuire il panico e lo spavento dovuto alla circostanza scatenante. Comprendere che determinati sintomi fanno capo direttamente al sistema nervoso simpatico (SNS) il cui compito principale è quello di tutelare l’individuo dal pericolo – dal momento che gestisce una parte delle regioni primitive cerebrali responsabili della mobilitazione legata alla risposta fisica in circostanze in cui vige la regola “combatti-o-fuggi”- si arriva a notare come la reazione riesca a svincolarsi dal contesto puro e semplice poggiandosi più su motivazioni psicofisiche manovrabili attraverso l’instaurazione di un dialogo con il proprio corpo nel momento in cui appare vulnerabile ed impazzito. Sarà proprio questo il momento in cui risulterà più utile ricorrere al sistema nervoso parasimpatico (PNS) perché provveda a ripristinare gli equilibri del corpo, normalizzandoli, nonostante (almeno per quanto mi riguarda) sia comunque un minimo ansiogeno.
3 – Incertezza: pensa al peggio
Non credo di aver mai incontrato uno psicologo pronto a sottoscrivere questo mio consiglio (n.d.a. “non è vero: nella psicoterapia cognitivo comportamentale esiste la tecnica della decatastrofizzazione mentre nella psicoterapia strategico breve esiste la tecnica della peggior paura), e credo che nemmeno voi ne troverete uno con facilità. Tuttavia ho testato la sua efficienza in prima persona e, nel mio caso, ha sempre funzionato. L’esercizio da me messo a punto e che consiglio consiste nel visualizzare cosa accadrebbe se il proprio peggiore incubo si realizzasse. Cosa succederebbe se io e mio marito non potessimo avere accesso alle conferenze di architettura o ai premi editoriali? Cosa comporterebbe non poter più versare le tasse per l’assicurazione sanitaria ed il mio cuore smettesse di funzionare correttamente? Come sarebbe se entrambi venissimo licenziati in tronco? Dopo aver pensato, ai “come sarebbe se…”, si passa al ragionare sulle possibili iniziative da prendere. Così si può immaginare di vendere la propria casa, trasferirsi in un piccolo appartamento e lavorare da qualche parte come cameriere o come barista da California Bakery (se il monte orario lavorativo eccede la 20 ore si ha automaticamente diritto all’assicurazione sanitaria). Io, ad esempio, mi informai sulle possibilità di tutela sanitaria rivolte a coloro che percepiscono il salario minimo. In base al piano ObamaCare almeno i miei figli sarebbero coperti. E ciò va bene, arrivai ad auto-convincermi che tutto questo può essere fattibile e che sarebbe stato sufficiente, se non ad uscire dalla situazione, almeno a sistemarle. Sì. Ma cerchiamo di notare i pro di un tale esercizio: innanzitutto consente a chi pensa di tranquillizzarsi rispetto a ciò che possiede portandolo a concentrarsi e riflettere su ciò che è davvero essenziale – letteralmente, un pasto caldo sulla tavola, anche solo uno al giorno.
Trovo che le parole di Charles Caleb Colton siano molto confortanti e, perciò, le ripropongo: “Le grandi menti trovano nuova linfa nelle calamità e nei tempi di totale confusione. Il diamante più prezioso nasce dal fuoco più ardente”.
4 – Incertezza: descrivi, non giudicare
Nel suo volume Esci fuori dalla tua mente ed entra nella tua vita (Get Out of Your Mind and Into Your Life), Steven Hayes, psicologo ricercatore universitario, dedica qualche capitolo all’apprendimento del linguaggio dei pensieri e dei sentimenti. Ritengo particolarmente interessante ed utile imparare a distinguere tra la descrizione e la valutazione.
Le descrizioni sono delle “verbalizzazioni direttamente correlate con gli aspetti obiettivi ed immediatamente evincibili che connotano una situazione o un oggetto”. Ad esempio: “Mi sento ansioso e il mio cuore palpita”. Attraverso le descrizioni entrano in campo gli attributi primari di un oggetto o di un evento; esse non dipendono affatto dall’unicità di una storia. In altre parole, ricorrendo alla spiegazione fornita da Hayes, permangono come aspetti dell’evento o dell’oggetto a prescindere dalla nostra interazione con esso.
Le valutazioni, d’altro canto, fanno appello agli attributi secondari che scaturiscono dalle dinamiche instaurate tra soggetto ed oggetto coinvolgendo sensazioni, eventi, pensieri, emozioni; in sintesi, cristallizzano verbalmente le nostre reazioni personali suscitate da un evento o da un oggetto. Ad esempio: “Quest’ansia è insostenibile”.
Se ci si sente ansiosi a causa di una situazione lavorativa d’ incertezza, si può provare a mettere a tacere per un istante il linguaggio dei propri pensieri e convertire la valutazione del tipo: “Il licenziamento mi distruggerebbe” in una descrizione come “Mi sento ansioso perché la mia situazione lavorativa è instabile”. Nominare e verbalizzare l’emozione e la situazione dalla quale essa sgorga attraverso il processo descrittivo comporta l’omissione delle nostre opinioni a riguardo della circostanza. Epurare il pensiero dall’opinione personale consente al soggetto di analizzare l’evento o l’oggetto in maniera più clinica e razionale, prevenendo l’iperventilazione.
5 – Incertezza: apprendi dalla paura
Eleanor Roosevelt scrisse: “Ogni circostanza che ti mette faccia a faccia con la paura è fonte di forza, coraggio e fiducia… Devi agire come non avresti mai pensato di riuscire a fare”. Di solito il mio corpo non si trova d’accordo con una tale affermazione e protesta, ma sul piano teorico credo di essere pienamente d’accordo con Eleanor. Sono profondamente persuasa circa il fatto che le situazioni di paura tirano fuori il meglio di noi. Se vivessimo una vita priva di paura, come afferma Julia Sorel, significherebbe solo che ci stiamo facendo sfuggire di mano molte opportunità.
La paura è un sentimento benevolo in sé. È l’emozione di cui le attribuiamo la responsabilità a bloccarci. Se riuscissimo a sentirci a nostro agio con la paura o ad approcciarci ad essa come ad un importante messaggero pronto ad allertarci e proteggerci dalle circostanze della vita, allora impareremo a conviverci meglio cogliendone i benefici. Domandiamoci: “Cosa ci vuole suggerire la paura?” “Perché è emersa?” “Porta bene o male?”. Secondo Jones interrogarsi circa la presenza sintomatica della para può aiutare il soggetto a sentirsi più a proprio agio nelle situazioni che sembrano sfuggire al suo controllo e ad imparare a lasciarsi alle spalle l’illusione di poterlo avere sempre – perché, in fondo, non lo abbiamo mai avuto – portandolo a sviluppare una profonda consapevolezza interiore circa il fatto che alla fine tutto andrà bene.
Fonte: Psychentral.com
Articolo pubblicato da Therese J. Borchard, il 28 gennaio 2015, tradotto da Silvia Tramatzu.
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